Seconda lettera a Timoteo 3:1-17

3  Ma sappi questo: negli ultimi giorni+ ci saranno tempi difficili.  Infatti gli uomini saranno egoisti,* attaccati al denaro,* gradassi, superbi, bestemmiatori, disubbidienti ai genitori, ingrati, sleali,  snaturati, non disposti a nessun accordo, calunniatori, senza autocontrollo, spietati, senza amore per la bontà,  traditori, testardi, pieni d’orgoglio, amanti dei piaceri piuttosto che di Dio,  persone con una parvenza di religiosità, della quale però rinnegano il potere;+ da loro allontànati.  In mezzo a questi sorgono uomini che si insinuano scaltramente nelle case e abbindolano deboli donne cariche di peccati, in balìa di vari desideri,  che stanno sempre lì a imparare ma che non sono mai in grado di giungere all’accurata conoscenza della verità.  Proprio come Ianne e Iambre si opposero a Mosè, così anche loro continuano a opporsi alla verità. Questi uomini sono mentalmente corrotti, disapprovati riguardo alla fede.  Tuttavia, non andranno molto lontano, perché la loro follia sarà chiarissima a tutti, come nel caso di quei due uomini.+ 10  Tu invece hai seguito attentamente il mio insegnamento, la mia condotta,+ i miei obiettivi, la mia fede, la mia pazienza, il mio amore, la mia perseveranza, 11  le mie persecuzioni e le mie sofferenze, come quelle che ho affrontato ad Antiòchia,+ a Icònio+ e a Listra.+ Ho sopportato queste persecuzioni, e da tutte quante il Signore mi ha liberato.+ 12  Infatti tutti quelli che desiderano vivere con devozione a Dio uniti a Cristo Gesù saranno perseguitati.+ 13  Ma i malvagi e gli impostori andranno di male in peggio, sviando ed essendo sviati.+ 14  Tu, comunque, rimani fermo nelle cose che hai imparato e sei stato persuaso a credere,+ perché sai da chi le hai imparate, 15  ed è dall’infanzia+ che conosci gli scritti sacri,+ i quali possono darti la saggezza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù.+ 16  Tutta la Scrittura è ispirata da Dio+ ed è utile per insegnare,+ per riprendere, per correggere+ e per disciplinare nella giustizia,+ 17  affinché l’uomo di Dio sia del tutto competente, ben preparato per ogni opera buona.

Note in calce

O “amanti del denaro”.
O “amanti di sé stessi”.

Approfondimenti

se prima non viene l’apostasia Alcuni cristiani di Tessalonica si stavano facendo sviare in relazione alla “presenza del nostro Signore Gesù Cristo” e al “giorno di Geova” (2Ts 2:1, 2). Paolo però ricordò loro che prima di queste due cose se ne dovevano verificare altre due: (1) doveva venire l’apostasia (vedi l’approfondimento apostasia in questo versetto) e (2) doveva essere rivelato “l’uomo dell’illegalità”. Quello che Paolo disse a proposito dell’ampia diffusione dell’apostasia all’interno della congregazione cristiana concorda con la parabola di Gesù sul grano e la zizzania (Mt 13:24-30, 36-43). Anche in altre circostanze Paolo avvertì profeticamente che nella congregazione si sarebbero infiltrati degli apostati; successivamente lo fece pure Pietro (At 20:29, 30; 1Tm 4:1-3; 2Tm 4:3, 4; 2Pt 2:1-3).

negli ultimi giorni In questo versetto Paolo usa il futuro quando dice che “negli ultimi giorni ci saranno tempi difficili”. (Vedi anche 2Tm 3:2, 13.) Quindi si riferisce a un tempo che doveva ancora venire rispetto a quando lui scrive: gli “ultimi giorni” del sistema di cose esistente all’epoca dell’invisibile presenza di Gesù. (Vedi Glossario, “ultimi giorni”.) Come profetizzato in 2Ts 2:3-12, questi “ultimi giorni” sarebbero iniziati solo dopo che fosse venuta la predetta apostasia e che fosse stato rivelato “l’uomo dell’illegalità”. (Vedi approfondimenti a 2Ts 2:3; 1Tm 4:1.) Paolo prosegue elencando le caratteristiche malvagie che avrebbero contrassegnato la società umana di quel periodo (2Tm 3:1-5; vedi approfondimento a 2Tm 3:5). La grande apostasia avrebbe contribuito alla diffusione di queste indesiderabili caratteristiche.

tempi difficili Questa espressione traduce due termini greci che Paolo usa per descrivere un periodo critico che chiama “ultimi giorni”. Il termine greco kairòs spesso si riferisce a un periodo di tempo determinato, e può anche essere reso “tempo stabilito”. (Vedi approfondimento ad At 1:7.) Paolo lo usa insieme a chalepòs, qui reso “difficili”. I lessici traducono questo termine con “molesto”, “penoso”, “pericoloso” o “opprimente”. In Mt 8:28 questa stessa parola viene utilizzata per descrivere due indemoniati che erano insolitamente “violenti”. Paolo avverte che, a motivo delle caratteristiche negative delle persone (2Tm 3:2-5, 13), “negli ultimi giorni” ci sarebbero stati, come dicono diverse opere di consultazione, “tempi stressanti” o “difficili da sopportare, gestire, affrontare”.

da loro allontànati Paolo ha appena predetto le pessime condizioni che avrebbero caratterizzato il mondo “negli ultimi giorni”. Comunque sapeva che anche ai suoi giorni c’erano persone che in qualche misura manifestavano i tratti che ha elencato. (Vedi approfondimenti a 2Tm 3:1, 2.) In questo versetto Paolo usa un verbo dal significato forte che sembra suggerire l’idea di evitare qualcosa con orrore. In questo modo sottolinea l’importanza di evitare di stare inutilmente in compagnia di coloro che manifestano i tratti appena menzionati. Naturalmente i cristiani tratteranno con gentilezza e cortesia anche questo tipo di persone, ma non le sceglieranno come amici intimi. (Vedi approfondimento a 2Tm 2:24.)

alcuni si allontaneranno dalla fede Paolo predice che alcuni sedicenti cristiani avrebbero abbandonato gli insegnamenti divini contenuti nelle Scritture e si sarebbero allontanati dalla vera adorazione. Il verbo greco originale per “allontanarsi da” letteralmente significa “stare lontano da” e può anche essere reso “rinunciare” (2Tm 2:19). È affine al sostantivo reso “apostasia”. (Vedi approfondimento a 2Ts 2:3.)

i tempi o i periodi In questo versetto si fa accenno a due fattori temporali. Il termine greco chrònos (che qui compare al plurale ed è reso tempi) potrebbe riferirsi a un periodo di tempo imprecisato, lungo o corto che sia. Il termine greco kairòs (in altri casi reso “tempo stabilito”, “tempo fissato”; qui compare al plurale ed è reso periodi) viene spesso usato in riferimento a periodi di tempo futuri nell’ambito di ciò che Dio ha disposto o della sua tabella di marcia, soprattutto in relazione alla presenza di Cristo e al suo Regno (At 3:19; 1Ts 5:1; vedi approfondimenti a Mr 1:15; Lu 21:24).

L’amore del denaro Dicendo che l’amore del denaro “è la radice di ogni tipo di male”, probabilmente Paolo si rifà a un proverbio molto conosciuto ai suoi giorni. Non condanna il denaro in sé, dato che ha un suo valore pratico (Ec 7:12; 10:19), ma l’amore del denaro; è questo a essere pericoloso. Nel v. 5 Paolo ha spiegato che alcuni falsi maestri si erano fatti prendere da questo amore, perciò non sorprende che in precedenza abbia specificato che un sorvegliante non deve essere “attaccato al denaro” (1Tm 3:1, 3 e approfondimento). Le Scritture indicano che tale amore è pericoloso anche sotto altri aspetti: è insaziabile (Ec 5:10) e, peggio ancora, rivaleggia con l’amore per Dio e finisce per prenderne il posto (Mt 6:24; vedi approfondimento a Lu 16:9). Perciò l’amore del denaro è la radice, o la causa, “di ogni tipo di male”, e provoca i “dolori” di cui Paolo parla subito dopo in questo versetto.

gli uomini saranno O “le persone saranno”. Il termine greco qui reso “uomini” spesso si riferisce agli esseri umani in generale, sia di sesso maschile che femminile. Paolo prosegue facendo un elenco di una ventina di caratteristiche che le persone avrebbero manifestato “negli ultimi giorni”, un’epoca molto lontana nel futuro rispetto alla sua (2Tm 3:1 e approfondimento). Comunque Paolo non intende dire che le persone dei suoi giorni non avessero queste qualità negative. Anzi, esorta Timoteo ad allontanarsi da quel tipo di persone, il che significa che quei tratti costituivano una minaccia anche all’epoca. (Vedi approfondimento a 2Tm 3:5; confronta Mr 7:21, 22.) Qui in ogni caso viene predetto un periodo di tempo in cui l’umanità tutta sarebbe stata dominata da queste caratteristiche malvagie.

attaccati al denaro Vedi approfondimento a 1Tm 6:10.

gradassi, superbi Chi è gradasso si vanta delle proprie capacità, delle proprie qualità e delle cose che possiede, spesso esagerandole. Chi è superbo pensa di essere migliore degli altri. Anche se queste due tipologie di persone sono simili, la parola “gradassi” si riferisce principalmente a quelle persone il cui orgoglio traspare dalle parole e dal modo in cui si esprimono, mentre “superbi” a quelle il cui orgoglio si manifesta a livello di pensieri e sentimenti.

bestemmiatori O “persone che parlano in modo ingiurioso”. Paolo utilizza un termine greco (blàsfemos) che si riferisce a chi usa un linguaggio “blasfemo”, “calunnioso”, “diffamatorio”, “offensivo”. Durante gli “ultimi giorni” un gran numero di persone avrebbe parlato in questo modo contro Dio e contro il prossimo (2Tm 3:1).

disubbidienti ai genitori Secoli prima dell’era cristiana, la Legge mosaica comandava ai figli di onorare i genitori (Eso 20:12; Mt 15:4). Anche nella congregazione cristiana, ai figli veniva insegnato a ubbidire ai genitori e a mostrare loro onore (Ef 6:1, 2). Persino tra gli antichi greci e romani, che non adoravano Geova, era fortemente radicata l’idea che fosse sbagliato e contro natura che un figlio si ribellasse ai genitori (Ro 2:14, 15). Nell’antica Grecia se un uomo picchiava un genitore perdeva i suoi diritti civili; e secondo la legge romana picchiare il padre era un reato grave quanto l’omicidio. Comunque qui Paolo sta predicendo un tempo in cui la disubbidienza ai genitori sarebbe stata dilagante o, per usare le parole di un’opera di consultazione, “indice della massima decadenza della civiltà”.

ingrati Alcuni pensano che tutto quello che hanno ricevuto, che sia dai genitori, da altre persone e persino da Dio, spetti loro di diritto (Lu 6:35). Questo è un atteggiamento che fondamentalmente nasce dall’egoismo.

sleali O “privi di amore leale”. (Vedi anche 1Tm 1:9, nt.) Il termine greco usato qui da Paolo ha un significato ampio: può trasmettere l’idea di slealtà nei confronti di altre persone o di Dio, ma può anche includere il senso di “profano” o “sacrilego”. Potrebbe perciò riferirsi all’atteggiamento di chi manca di rispetto a ciò che è santo o di chi, come dice un lessico, “non considera nulla come sacro”. A chi è sleale non importa essere fedele o assolvere i suoi doveri né verso i suoi simili né addirittura verso Dio.

da loro allontànati Paolo ha appena predetto le pessime condizioni che avrebbero caratterizzato il mondo “negli ultimi giorni”. Comunque sapeva che anche ai suoi giorni c’erano persone che in qualche misura manifestavano i tratti che ha elencato. (Vedi approfondimenti a 2Tm 3:1, 2.) In questo versetto Paolo usa un verbo dal significato forte che sembra suggerire l’idea di evitare qualcosa con orrore. In questo modo sottolinea l’importanza di evitare di stare inutilmente in compagnia di coloro che manifestano i tratti appena menzionati. Naturalmente i cristiani tratteranno con gentilezza e cortesia anche questo tipo di persone, ma non le sceglieranno come amici intimi. (Vedi approfondimento a 2Tm 2:24.)

negli ultimi giorni In questo versetto Paolo usa il futuro quando dice che “negli ultimi giorni ci saranno tempi difficili”. (Vedi anche 2Tm 3:2, 13.) Quindi si riferisce a un tempo che doveva ancora venire rispetto a quando lui scrive: gli “ultimi giorni” del sistema di cose esistente all’epoca dell’invisibile presenza di Gesù. (Vedi Glossario, “ultimi giorni”.) Come profetizzato in 2Ts 2:3-12, questi “ultimi giorni” sarebbero iniziati solo dopo che fosse venuta la predetta apostasia e che fosse stato rivelato “l’uomo dell’illegalità”. (Vedi approfondimenti a 2Ts 2:3; 1Tm 4:1.) Paolo prosegue elencando le caratteristiche malvagie che avrebbero contrassegnato la società umana di quel periodo (2Tm 3:1-5; vedi approfondimento a 2Tm 3:5). La grande apostasia avrebbe contribuito alla diffusione di queste indesiderabili caratteristiche.

snaturati O “privi di affetto naturale”. Questa parola, resa “senza cuore” in alcune Bibbie, traduce il termine greco àstorgos, composto dal prefisso a-, che è detto alfa privativo e significa “senza”, e da storgè, che significa “affetto naturale”. Questo termine è usato in riferimento alla mancanza di amore, che invece dovrebbe essere naturale, tra i componenti di una famiglia, specialmente tra genitori e figli. Chi non ha affetto per i componenti della propria famiglia riuscirà difficilmente ad avere buoni rapporti con gli altri. A conferma delle parole di Paolo, storici antichi di epoca classica documentano casi di padri che abbandonarono la famiglia, di figli che non si presero cura dei genitori anziani e di bambini uccisi dai genitori perché non voluti, deformati o di salute cagionevole. Qui in Ro 1:31 Paolo usa il termine “snaturati” per descrivere quanto gli esseri umani si siano allontanati dalla perfezione che avevano in origine. In 2Tm 3:3 usa lo stesso termine per indicare una delle caratteristiche delle persone in questi difficili ultimi giorni.

Diavolo Il termine greco qui usato è diàbolos, che significa “calunniatore” (Gv 6:70; 2Tm 3:3). Il verbo affine (diabàllo) significa “accusare”, “incolpare”, ed è reso “fu accusato” in Lu 16:1.

un calunniatore O “un diavolo”. Il termine greco diàbolos, usato quasi sempre in riferimento al Diavolo, significa “calunniatore”. Nelle poche occorrenze in cui non indica il Diavolo viene reso “calunniatori” (2Tm 3:3) oppure “calunniatrici” (1Tm 3:11; Tit 2:3). Quando si riferisce al Diavolo, in greco è preceduto nella maggior parte dei casi dall’articolo determinativo. (Vedi approfondimento a Mt 4:1 e Glossario, “articolo determinativo”.) Qui è usato per descrivere Giuda Iscariota, che aveva sviluppato un’indole malvagia. Forse a questo punto Gesù individuò in lui i primi segnali di un comportamento sbagliato, che in seguito permise a Satana di servirsi di lui come complice nell’uccidere Gesù (Gv 13:2, 11).

autocontrollo O “padronanza di sé”. Il termine greco reso “autocontrollo” compare quattro volte nelle Scritture Greche Cristiane (At 24:25; 2Pt 1:6). Questa qualità è stata definita “controllo esercitato sugli impulsi, sulle emozioni e sui desideri”. Il verbo originale affine compare in 1Co 9:25 (vedi approfondimento), dove Paolo a proposito degli atleti scrive: “Chiunque partecipa a una gara si padroneggia in ogni cosa”. Lo stesso verbo greco è usato nella Settanta in Gen 43:31 per dire che Giuseppe si padroneggiò. Nell’originale ebraico lì è presente un verbo che compare anche in Isa 42:14, dove il profeta riporta le parole di Geova: “Mi sono trattenuto”. Invece di agire immediatamente contro i malvagi, Geova ha lasciato passare del tempo affinché potessero avere l’opportunità di abbandonare il loro comportamento sbagliato e ottenere così il suo favore (Ger 18:7-10; 2Pt 3:9).

Nessuno è buono tranne uno solo, Dio Qui Gesù riconosce che il modello assoluto di bontà è Geova, l’unico che abbia il diritto sovrano di determinare ciò che è bene (buono) e ciò che è male. Quando si ribellarono mangiando il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, Adamo ed Eva cercarono di arrogarsi questo diritto (Gen 2:17; 3:4-6). Invece Gesù lascia umilmente che sia suo Padre a stabilire delle norme. E Dio ha espresso chiaramente ciò che è bene per mezzo dei comandi contenuti nella sua Parola (Mr 10:19).

snaturati O “privi di affetto naturale”. (Vedi approfondimento a Ro 1:31.)

non disposti a nessun accordo Paolo qui predice un tempo in cui le persone in generale non sarebbero state disposte a negoziare con altri per trovare soluzioni condivise con l’obiettivo di risolvere problemi o contrasti. Più alla lettera, il termine greco potrebbe essere reso “senza intesa”, “senza accordo”; era spesso usato per descrivere il fallimento di una trattativa volta a risolvere un conflitto tra nazioni; era utilizzato anche nel caso di contrasti personali irrisolti. Altre traduzioni rendono questa parola con “irreconciliabili”, “inflessibili”, “non collaborativi”. Secondo un’opera di consultazione, “descrive una certa insensibilità e rigidità mentale che, con ostinato rancore, dividono un uomo dal suo simile”.

calunniatori Nella Bibbia il termine greco per “calunniatore” (diàbolos) è perlopiù reso “Diavolo” ed è usato come titolo di Satana, il malvagio calunniatore di Dio. (Vedi approfondimento a Mt 4:1 e Glossario, “Diavolo”.) Comunque in qualche caso è utilizzato in riferimento a esseri umani con il suo significato base di calunniatore (1Tm 3:11; Tit 2:3). In questa descrizione degli “ultimi giorni” (v. 1), Paolo lo usa per riferirsi a persone che, con false accuse e bugie, cercano di macchiare la reputazione di altri, che si tratti di esseri umani oppure di Dio. (Vedi l’approfondimento a Gv 6:70, dove il termine è usato per indicare Giuda Iscariota.)

senza autocontrollo Una persona che non si sa controllare cede facilmente a qualunque inclinazione immorale, agli scoppi d’ira e ad altre tendenze egoistiche. Una ragione per cui coloro che vivono negli ultimi giorni sono caratterizzati da mancanza di autocontrollo è che sono “egoisti” e “amanti dei piaceri piuttosto che di Dio” (2Tm 3:2, 4). Di fronte a una tentazione, a chi non ama Dio manca la motivazione principale per cui trattenersi dal fare qualcosa che Gli dispiace. Questa persona è priva anche dello spirito di Dio, che aiuta i cristiani a sviluppare e rafforzare la capacità di controllarsi. Una parola greca affine a quella resa “senza autocontrollo” compare in Mt 23:25, dove è tradotta “sfrenatezza”. (Per una spiegazione del termine “autocontrollo”, vedi l’approfondimento a Gal 5:23.)

spietati Paolo ricorre a un termine greco che alla lettera significa “non addomesticato”; può anche essere reso “selvatico”, “feroce”, “crudele”, “brutale”, e può trasmettere l’idea di persone insensibili e spietate. (Confronta Mt 24:12.) All’epoca di Paolo il termine era usato in riferimento sia a persone che ad animali inclini ad agire con una certa crudeltà.

senza amore per la bontà Questa espressione traduce un termine greco che compare solo qui nelle Scritture Greche Cristiane. Il suo significato è ampio e può anche riferirsi a qualcuno che odia la bontà o le persone buone, come pure a chi non ha alcun interesse per ciò che possa favorire il bene della collettività. Quelli che non amano la bontà non possono amare Geova, che è buono al massimo grado. (Vedi approfondimento a Mr 10:18.)

traditori Lo stesso termine greco usato qui compare anche in Lu 6:16 in riferimento a Giuda Iscariota. (Vedi anche At 7:52.)

testardi Alla lettera il termine greco usato da Paolo dà l’idea di qualcuno che cade in avanti. Descrive bene il modo in cui alcuni, ignorando i consigli altrui, potrebbero procedere caparbiamente sulla loro strada pur sapendo che probabilmente le cose non andranno a finire bene. Può essere reso anche “sconsiderato”, “incurante”. Stando a un’opera di consultazione, coloro che sono testardi o sconsiderati “agiscono senza alcun tipo di prudenza, indipendentemente dal disastro o dalle conseguenze negative che potrebbero abbattersi sui loro concittadini”. Secondo un commentario, “chi è sconsiderato non si ferma di fronte a niente pur di raggiungere i suoi obiettivi”. L’unica altra occorrenza di questo termine nelle Scritture Greche Cristiane è in At 19:36, dove il cancelliere della città di Efeso ammonisce la folla inferocita di non “[agire] avventatamente”.

pieni d’orgoglio Il termine originale è il participio di un verbo (tyfòomai) affine a un altro verbo che significa “affumicare”. Poteva essere usato per descrivere una persona avvolta o addirittura accecata dal fumo. Questo termine compare tre volte nelle Scritture Greche Cristiane, sempre in senso metaforico e a quanto pare per descrivere qualcuno accecato dall’orgoglio (1Tm 3:6; 6:4; 2Tm 3:4). Alcune traduzioni lo rendono con “presuntuosi”, “gonfi”, “accecati dalla superbia”. Secondo un commentario, descrive chi è “pieno di sé”. Giuseppe Flavio utilizzò questo termine per riferirsi ad alcuni autori greci che guardavano dall’alto in basso gli ebrei e li calunniavano.

amanti dei piaceri piuttosto che di Dio Qui Paolo non dice che le persone avrebbero amato i piaceri più di Dio, ma al posto di Dio. La Bibbia non insegna che tutti i piaceri siano sbagliati; mette però in guardia chi, invece di ricercare un’amicizia con Dio, si dedica alla ricerca dei piaceri. (Confronta Lu 12:19-21; 1Gv 2:15.)

deve essere gentile con tutti Paolo incoraggia Timoteo a essere gentile, o premuroso, con tutti, a differenza dei falsi maestri di Efeso che erano litigiosi e creavano divisioni (2Tm 2:23). L’espressione greca può anche essere resa “deve usare tatto con tutti”. Lo stesso Paolo aveva dovuto imparare a essere gentile. Prima di diventare cristiano, era un fanatico sostenitore delle tradizioni giudaiche, il che lo faceva essere privo di tatto e tutt’altro che gentile. Trattava infatti i discepoli di Cristo in modo violento e insolente. Gesù invece gli aveva mostrato gentilezza (At 8:3; 9:1-6; Gal 1:13, 14; 1Tm 1:13). Paolo aveva imparato anche che essere gentili non significa essere deboli; infatti non esitò mai a esprimersi in modo deciso e franco contro le pratiche sbagliate (1Co 15:34). Inoltre non fu mai aspro, trattò i compagni di fede con tatto e amore (1Ts 2:8), e cercò di essere premuroso “come una madre”. (Vedi approfondimento a 1Ts 2:7.) Paolo desiderava che Timoteo lo imitasse essendo gentile “con tutti”, inclusi non solo i cristiani che creavano problemi all’interno della congregazione ma persino gli oppositori all’esterno. Timoteo doveva promuovere non litigi e divisioni, ma amore e unità (2Tm 2:23, 25).

una parvenza di religiosità Paolo dice che “negli ultimi giorni” molti avrebbero avuto “una parvenza di religiosità”, ovvero una manifestazione solo esteriore o formale di devozione (2Tm 3:1). Alcune traduzioni bibliche rendono il concetto con “una religiosità solo apparente” (CEI) o “l’apparenza esterna della fede” (Parola del Signore). Anche se forse professano di adorare Dio, in realtà le persone, con la loro condotta, il loro egoismo, l’amore del denaro o dei piaceri, dicono esattamente il contrario (2Tm 3:2-4).

della quale [...] rinnegano il potere La religiosità che è autentica, e non solo una parvenza, ha il potere di cambiare la personalità dei singoli individui (Ef 4:22-24; Col 3:10). Coloro che invece servono Dio solo in modo formale ed esteriore stanno in realtà ignorando o rinnegando questo potere. Non permettono alla vera devozione a Dio di influire positivamente sulla loro vita. (Confronta Gda 4.) Inoltre non hanno una genuina fede cristiana avvalorata dalle opere (Gc 2:18-26).

da loro allontànati Paolo ha appena predetto le pessime condizioni che avrebbero caratterizzato il mondo “negli ultimi giorni”. Comunque sapeva che anche ai suoi giorni c’erano persone che in qualche misura manifestavano i tratti che ha elencato. (Vedi approfondimenti a 2Tm 3:1, 2.) In questo versetto Paolo usa un verbo dal significato forte che sembra suggerire l’idea di evitare qualcosa con orrore. In questo modo sottolinea l’importanza di evitare di stare inutilmente in compagnia di coloro che manifestano i tratti appena menzionati. Naturalmente i cristiani tratteranno con gentilezza e cortesia anche questo tipo di persone, ma non le sceglieranno come amici intimi. (Vedi approfondimento a 2Tm 2:24.)

gli uomini saranno O “le persone saranno”. Il termine greco qui reso “uomini” spesso si riferisce agli esseri umani in generale, sia di sesso maschile che femminile. Paolo prosegue facendo un elenco di una ventina di caratteristiche che le persone avrebbero manifestato “negli ultimi giorni”, un’epoca molto lontana nel futuro rispetto alla sua (2Tm 3:1 e approfondimento). Comunque Paolo non intende dire che le persone dei suoi giorni non avessero queste qualità negative. Anzi, esorta Timoteo ad allontanarsi da quel tipo di persone, il che significa che quei tratti costituivano una minaccia anche all’epoca. (Vedi approfondimento a 2Tm 3:5; confronta Mr 7:21, 22.) Qui in ogni caso viene predetto un periodo di tempo in cui l’umanità tutta sarebbe stata dominata da queste caratteristiche malvagie.

negli ultimi giorni In questo versetto Paolo usa il futuro quando dice che “negli ultimi giorni ci saranno tempi difficili”. (Vedi anche 2Tm 3:2, 13.) Quindi si riferisce a un tempo che doveva ancora venire rispetto a quando lui scrive: gli “ultimi giorni” del sistema di cose esistente all’epoca dell’invisibile presenza di Gesù. (Vedi Glossario, “ultimi giorni”.) Come profetizzato in 2Ts 2:3-12, questi “ultimi giorni” sarebbero iniziati solo dopo che fosse venuta la predetta apostasia e che fosse stato rivelato “l’uomo dell’illegalità”. (Vedi approfondimenti a 2Ts 2:3; 1Tm 4:1.) Paolo prosegue elencando le caratteristiche malvagie che avrebbero contrassegnato la società umana di quel periodo (2Tm 3:1-5; vedi approfondimento a 2Tm 3:5). La grande apostasia avrebbe contribuito alla diffusione di queste indesiderabili caratteristiche.

uomini che si insinuano scaltramente nelle case Questi uomini corrotti erano tra coloro che il v. 5 descrive “con una parvenza di religiosità, della quale però [rinnegavano] il potere”. Il verbo greco reso “si insinuano scaltramente” trasmette l’idea di qualcuno che si introduce con subdole scuse o espedienti. Potrebbe anche essere tradotto “infiltrarsi”, “introdursi”. Con scaltrezza questi uomini cercavano di circuire alcune “deboli donne” per sedurle e farle così cedere a una condotta immorale.

deboli donne cariche di peccati Paolo qui si riferisce a certe donne nella congregazione che erano deboli spiritualmente e non odiavano ciò che è male. Di conseguenza erano in balìa di vari desideri, probabilmente nel senso che i desideri peccaminosi le dominavano. Per gli uomini corrotti menzionati nel versetto era facile ammaliarle o influenzarne il modo di pensare. Forse cercavano scaltramente di convincerle che la misericordia di Dio avrebbe perdonato la loro condotta peccaminosa (Gda 4).

accurata conoscenza Nelle Scritture Greche Cristiane ci sono due termini comunemente tradotti “conoscenza”: gnòsis ed epìgnosis. Epìgnosis, il termine usato qui, è una forma intensiva di gnòsis (epì letteralmente significa “sopra” ma in questo caso trasmette l’idea di “ulteriore”, “aggiuntivo”). In base al contesto può significare “conoscenza piena, autentica o esatta”. (Vedi approfondimento a Ro 10:2.) Qui Paolo lo usa per mostrare che il cristiano maturo deve raggiungere, non individualmente ma unitamente ai suoi compagni di fede, una conoscenza piena del Figlio di Dio, Cristo Gesù (1Co 1:24, 30; Ef 3:18; Col 2:2, 3; 2Pt 1:8; 2:20).

sempre lì a imparare Le donne menzionate qui da Paolo stavano imparando in qualche misura, ma non si impegnavano davvero a progredire verso l’“accurata conoscenza della verità”. I cristiani che hanno “accurata conoscenza” non si limitano ad accumulare nozioni. (Vedi approfondimento a Ef 4:13.) Piuttosto progrediscono fino al punto di acquisire il modo di pensare di Geova e di comportarsi in piena armonia con i suoi giusti princìpi (Ef 3:17-19; Col 1:9, 10; 2:6, 7).

Ianne e Iambre Questi due uomini dell’epoca di Mosè non vengono nominati nelle Scritture Ebraiche ma, sotto ispirazione, Paolo fa i loro nomi (2Tm 3:16). Erano probabilmente degli uomini in vista alla corte del faraone, nell’antico Egitto; forse erano a capo dei sacerdoti che praticavano la magia e che si opposero a Mosè (Eso 7:11, 22; 8:7, 18, 19; 9:11). Il loro nome compare in diversi scritti della tradizione giudaica, alcuni dei quali risalirebbero al I secolo a.E.V. Anche qualche autore non ebreo, tra il I e il II secolo E.V., menzionò uno o entrambi questi uomini per nome. Qui Paolo li cita per rassicurare Timoteo del fatto che alla fine i falsi maestri di Efeso non avrebbero avuto la meglio.

Ianne e Iambre Questi due uomini dell’epoca di Mosè non vengono nominati nelle Scritture Ebraiche ma, sotto ispirazione, Paolo fa i loro nomi (2Tm 3:16). Erano probabilmente degli uomini in vista alla corte del faraone, nell’antico Egitto; forse erano a capo dei sacerdoti che praticavano la magia e che si opposero a Mosè (Eso 7:11, 22; 8:7, 18, 19; 9:11). Il loro nome compare in diversi scritti della tradizione giudaica, alcuni dei quali risalirebbero al I secolo a.E.V. Anche qualche autore non ebreo, tra il I e il II secolo E.V., menzionò uno o entrambi questi uomini per nome. Qui Paolo li cita per rassicurare Timoteo del fatto che alla fine i falsi maestri di Efeso non avrebbero avuto la meglio.

non andranno molto lontano Paolo aveva avvertito i sorveglianti cristiani di Efeso della comparsa di falsi maestri (At 20:29, 30). E apparentemente quegli uomini malvagi erano riusciti a corrompere e dividere la congregazione. I cristiani fedeli erano di certo turbati da qualunque loro successo. Paolo però assicura a Timoteo che non sarebbero andati molto lontano, e lo fa paragonando i falsi maestri a Ianne e Iambre, che si opposero a Mosè e che forse erano a capo dei sacerdoti che praticavano la magia in Egitto. (Vedi approfondimento a 2Tm 3:8.) Il racconto di Esodo mostra che, anche se quei sacerdoti furono in grado di replicare alcuni dei miracoli compiuti da Mosè, i loro successi furono di breve durata. A partire dalla terza piaga, infatti, non furono più capaci né di riprodurre gli atti miracolosi di Geova né di proteggersi dai loro effetti (Eso 8:16-19; 9:10, 11).

la loro follia sarà chiarissima a tutti Paolo assicura a Timoteo che i falsi maestri nella congregazione sarebbero stati smascherati dalla loro follia, o stoltezza; avrebbero fatto la fine di Ianne e Iambre, i due uomini che Paolo ha appena menzionato. Nel loro caso tutti poterono vedere chiaramente che erano stati folli a opporsi a Geova.

Tu invece hai seguito attentamente Qui Paolo sottolinea la differenza tra Timoteo e i falsi maestri. Per 14 anni circa, Timoteo ha imparato da Paolo e ne ha imitato tante caratteristiche: il suo modo di insegnare, la condotta, la determinazione nel perseguire gli obiettivi che si era prefisso, la fede intensa e incrollabile, l’infinita pazienza, il profondo amore e l’irremovibile perseveranza. Paolo non si sta vantando quando lascia intendere che il suo è un esempio degno di essere imitato. Scrivendo sotto ispirazione, sta piuttosto confermando una verità: dal momento che lui ha imitato Cristo, anche il suo esempio è degno di essere imitato. (Confronta 1Co 11:1; Flp 3:17; Eb 13:7.)

ad Antiochia, a Iconio e a Listra Durante il suo primo viaggio missionario, Paolo insieme a Barnaba fu scacciato da Antiochia di Pisidia, rischiò di essere lapidato a Iconio, e a Listra fu lapidato veramente e lasciato mezzo morto (At 13:14, 50; 14:1-5, 8, 19). Qui venne aiutato da un gruppo di discepoli tra i quali forse c’era Timoteo, che a quanto pare era di Listra (At 14:20; 16:1). Dal momento che aveva “seguito attentamente” la fedele perseveranza di Paolo, Timoteo era al corrente delle persecuzioni e delle sofferenze da lui subite in queste tre città (2Tm 3:10). Paolo fa un accenno a questi eventi passati per incoraggiarlo a sopportare qualsiasi persecuzione avesse incontrato (2Tm 3:12).

da tutte quante il Signore mi ha liberato Paolo spesso riconobbe di essere stato liberato da situazioni rischiose, e attribuì queste liberazioni sia a Geova Dio (2Co 1:8-10) che a Gesù Cristo (1Ts 1:10). Ecco perché in questo contesto “il Signore” si potrebbe riferire a Geova o a Gesù. Alcuni ritengono che le parole di Paolo siano un richiamo a Sl 34:19.

quelli che desiderano vivere con devozione a Dio Il verbo greco reso “desiderano” può riferirsi a qualcosa di più di un desiderio passeggero; il tempo verbale con cui è usato qui può implicare una volontà che dura nel tempo. In relazione alle conseguenze del voler vivere con un’autentica “devozione a Dio”, un lessico fa notare: “Essere diversi dal mondo, avere una scala di valori diversa e obiettivi diversi è sempre un rischio”. (Vedi approfondimento a 1Tm 4:7.) Come indicato qui da Paolo, le persone che mostrano questo tipo di devozione vanno inevitabilmente incontro all’ostilità dei persecutori (Gen 3:15; Ri 12:9, 17). In effetti, Cristo affrontò pericoli e persecuzione. Lo stesso fecero Paolo e Timoteo. Quindi anche tutti i veri cristiani dovranno farlo (Gv 15:20; At 17:3; Flp 3:10; 2Tm 2:3).

devozione a Dio Il termine greco eusèbeia trasmette l’idea di profonda riverenza e rispetto che un cristiano esprime a Dio servendolo lealmente e ubbidendogli in modo completo. Ha un significato ampio, infatti fa anche pensare a quell’amore leale o a quell’attaccamento verso Dio che spinge una persona a cercare di fare ciò che piace a lui. Un lessico riassume così il significato generale di questo termine: “vivere come Dio vuole che viviamo”. Paolo fa anche capire che la devozione a Dio non è una caratteristica innata. È per questo motivo che esorta Timoteo a darsi da fare per rafforzare questa qualità, esercitandosi, o allenandosi, come fa un atleta. Poco prima nella lettera, Paolo gli ha ricordato che Gesù Cristo ha lasciato l’esempio più incisivo di devozione a Dio. (Vedi approfondimento a 1Tm 3:16.)

i malvagi e gli impostori L’espressione “i malvagi” potrebbe includere persone che manifestano apertamente caratteristiche come quelle menzionate nei vv. 2-5. “Gli impostori” invece potrebbero essere persone che nascondono la loro malvagità dietro una parvenza di giustizia. Nelle Scritture Greche Cristiane il termine reso “impostori” compare solo qui. Di solito veniva usato per riferirsi a stregoni e illusionisti. Dal momento che questi uomini erano considerati truffatori, il termine finì per indicare imbroglioni o impostori, come in questo versetto. Alcuni di questi impostori sarebbero loro stessi stati “sviati”, forse addirittura credendo alle loro menzogne.

sane parole I due termini che compaiono nell’originale sono resi “sano insegnamento” in 1Tm 6:3, dove Paolo spiega che questo insegnamento “viene dal nostro Signore Gesù Cristo”. Perciò l’espressione “sane parole” fa riferimento ai veri insegnamenti cristiani. (Vedi approfondimento a 1Tm 6:3.) Tutto ciò che Gesù ha insegnato e fatto è in armonia con gli altri insegnamenti della Bibbia; ecco perché le “sane [o “benefiche”] parole” possono riferirsi per estensione a tutti gli insegnamenti biblici.

tua nonna Loide Loide era molto probabilmente la nonna materna di Timoteo; a quanto pare la famiglia viveva a Listra (At 16:1-3). Il termine greco per “nonna” usato qui non è tèthe, più formale, ma màmme, forma più affettuosa utilizzata dai bambini. Il fatto che Paolo abbia scelto questo termine potrebbe indicare che Timoteo e la nonna avevano un legame molto stretto e tenero. È possibile che Loide abbia aiutato Eunice a insegnare a Timoteo le verità delle Scritture Ebraiche. (Vedi approfondimento a 2Tm 3:15.)

rimani fermo nelle cose che hai imparato Timoteo doveva rimanere attaccato alla verità, cosa che non facevano i “malvagi” menzionati nel versetto precedente. Timoteo era stato persuaso a credere; il verbo originale trasmette il senso di essere pienamente convinto. Avendo ragionato su quello che gli era stato insegnato dalla mamma, dalla nonna, da Paolo e da altri, Timoteo era convinto che quegli insegnamenti erano scritturali, accurati e affidabili. Aveva perciò ogni motivo per “[rimanere] fermo” nella verità che aveva accettato (Ro 12:1, 2).

perché sai da chi le hai imparate Timoteo aveva imparato a conoscere le Scritture Ebraiche grazie a sua madre, Eunice, e a sua nonna, Loide. (Vedi approfondimenti a 2Tm 1:5.) Ma dopo essere diventato cristiano, aveva imparato molto anche da Paolo e da altri compagni di fede (At 16:1, 2; 1Co 4:17; 2Tm 2:2; vedi approfondimento a 2Tm 1:13).

tua madre Eunice È probabile che Loide ed Eunice si fossero convertite al cristianesimo la prima volta che Paolo era stato a Listra, intorno al 47-48 (At 14:6). In questo versetto Paolo attribuisce a entrambe una “fede sincera”. Senza dubbio Eunice dovette fare appello a quella fede quando Timoteo se ne andò di casa per seguire Paolo nei suoi viaggi missionari, visto che lei sapeva cosa era successo a Paolo la prima volta che era stato a Listra, quando lo avevano lapidato lasciandolo mezzo morto (At 14:19). Con l’esempio che gli diedero e gli insegnamenti accurati che gli trasmisero, Loide ed Eunice senz’altro contribuirono alla “fede sincera” di Timoteo stesso e ai suoi notevoli progressi spirituali (At 16:2; Flp 2:19-22; 1Tm 4:14). Il loro esempio fu particolarmente degno di nota se si pensa che il padre di Timoteo, che era greco, a quanto pare non condivideva la loro stessa fede. (Vedi approfondimenti ad At 16:1, 3.)

è dall’infanzia che conosci gli scritti sacri Timoteo era molto piccolo quando sua madre, Eunice, e probabilmente anche sua nonna, Loide, gli insegnarono “gli scritti sacri” degli ebrei, ovvero le ispirate Scritture Ebraiche (2Tm 1:5; 3:14; vedi approfondimento a Ro 1:2). Il termine greco brèfos, qui reso “infanzia”, potrebbe riferirsi a bimbi molto piccoli, a neonati o addirittura a bambini non ancora nati (Lu 1:41; 2:12; At 7:19; 1Pt 2:2; vedi approfondimento a Lu 18:15). Timoteo quindi imparò a conoscere le Scritture Ebraiche molto presto nella sua vita, il che permise alla sua fede di crescere su solide basi. Quando era un ragazzo, lui, sua madre e sua nonna conobbero la “salvezza mediante la fede in Cristo Gesù” e diventarono cristiani. Crescendo, Timoteo continuò a fare eccellenti progressi. (Vedi approfondimento ad At 16:1; vedi anche Flp 2:19-22.)

Timoteo Questa è la prima menzione biblica di Timoteo, il cui nome greco significa “uno che onora Dio”. Non si sa con precisione quando abbia abbracciato il cristianesimo. Si sa comunque che sua madre Eunice, ebrea credente, e probabilmente anche sua nonna Loide gli insegnarono sin da quando era molto piccolo “gli scritti sacri” degli ebrei, le Scritture Ebraiche (2Tm 1:5; 3:15). È molto probabile che Eunice e Loide siano diventate cristiane quando Paolo visitò Listra durante il suo primo viaggio missionario. Il padre di Timoteo è definito greco, il che significa o che i suoi antenati erano originari della Grecia o che lui apparteneva a un’altra razza. A quanto pare non era cristiano. Durante il suo secondo viaggio missionario, alla fine del 49 o agli inizi del 50, Paolo tornò a Listra, evidentemente città natale di Timoteo. A quel tempo Timoteo era un discepolo cristiano e “i fratelli di Listra e di Iconio parlavano bene di lui” (At 16:2). Poteva essere negli ultimi anni dell’adolescenza o avere poco più di 20 anni, deduzione confermata da quello che 10-15 anni dopo (probabilmente tra il 61 e il 64) Paolo gli scrisse: “Nessuno disprezzi la tua giovane età” (1Tm 4:12). Questo indica che all’epoca di quella prima lettera Timoteo era ancora un uomo relativamente giovane.

bambini O “bambini piccoli”. Il termine greco qui usato, brèfos, si riferisce a bambini molto piccoli o addirittura non ancora nati (Lu 1:41; 2:12; At 7:19; 2Tm 3:15 [“infanzia”]; 1Pt 2:2). Nei passi paralleli di Mt 19:13 e Mr 10:13 compare invece paidìon, termine usato non solo in riferimento a bambini appena nati o di pochi anni (Mt 2:8; Lu 1:59) ma anche in riferimento a una ragazzina di 12 anni, la figlia di Iairo (Mr 5:39-42). L’uso di termini diversi da parte degli evangelisti potrebbe indicare che in questa occasione i bambini erano di diverse età, ma evidentemente Luca usa il termine brèfos perché si concentra sui bambini più piccoli.

sacre Scritture Qui in riferimento alle ispirate Scritture Ebraiche. In armonia con questo versetto, l’espressione “Sacre Scritture” compare nel titolo della Traduzione del Nuovo Mondo. Altri modi usati nelle Scritture Greche Cristiane per indicare l’intera raccolta degli scritti ispirati sono “le Scritture” e “gli scritti sacri” (Mt 21:42; Mr 14:49; Lu 24:32; Gv 5:39; At 18:24; Ro 15:4; 2Tm 3:15, 16). A volte anche le espressioni “Legge” (Gv 10:34; 12:34; 15:25; 1Co 14:21) e “la Legge e i Profeti” (Lu 16:16; Mt 7:12) vengono usate con un significato più ampio per riferirsi alle intere Scritture Ebraiche (Mt 22:40; vedi approfondimenti a Mt 5:17; Gv 10:34).

nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi Evidentemente qui Gesù raggruppò tutte le ispirate Scritture Ebraiche secondo il criterio adottato dagli ebrei e a loro noto. Il termine “Legge” (in ebraico Tohràh) si riferisce ai libri biblici da Genesi a Deuteronomio. “Profeti” (in ebraico Neviʼìm) si riferisce ai libri profetici, inclusi i cosiddetti Profeti anteriori (i libri biblici da Giosuè ai Re). “Salmi” si riferisce alla terza parte, che contiene i restanti libri e che è anche chiamata Scritti (in ebraico Kethuvìm); il nome “Salmi” è dovuto al fatto che il primo libro di questa terza parte erano appunto i Salmi. Il termine Tanak, uno dei nomi con cui gli ebrei designano le Scritture Ebraiche, deriva dalla combinazione della prima lettera del nome di ciascuna di queste tre parti (TaNaK). Il fatto che Gesù abbia usato questi tre termini indica che quando era sulla terra il canone delle Scritture Ebraiche era consolidato e lui lo approvava.

è dall’infanzia che conosci gli scritti sacri Timoteo era molto piccolo quando sua madre, Eunice, e probabilmente anche sua nonna, Loide, gli insegnarono “gli scritti sacri” degli ebrei, ovvero le ispirate Scritture Ebraiche (2Tm 1:5; 3:14; vedi approfondimento a Ro 1:2). Il termine greco brèfos, qui reso “infanzia”, potrebbe riferirsi a bimbi molto piccoli, a neonati o addirittura a bambini non ancora nati (Lu 1:41; 2:12; At 7:19; 1Pt 2:2; vedi approfondimento a Lu 18:15). Timoteo quindi imparò a conoscere le Scritture Ebraiche molto presto nella sua vita, il che permise alla sua fede di crescere su solide basi. Quando era un ragazzo, lui, sua madre e sua nonna conobbero la “salvezza mediante la fede in Cristo Gesù” e diventarono cristiani. Crescendo, Timoteo continuò a fare eccellenti progressi. (Vedi approfondimento ad At 16:1; vedi anche Flp 2:19-22.)

il distinguere le dichiarazioni ispirate Questa espressione, che letteralmente significa “discernimenti di spiriti”, si riferisce alla capacità soprannaturale di capire dichiarazioni ispirate. Si trattava di un dono che probabilmente comprendeva anche la capacità di riconoscere se una dichiarazione era ispirata da Dio oppure proveniva da un’altra fonte. Di sicuro questo dono servì a proteggere la congregazione dai falsi profeti (2Co 11:3, 4; 1Gv 4:1). Inoltre avrà permesso agli apostoli e agli anziani di Gerusalemme di individuare le parti della Legge da considerare ancora “cose necessarie” e quindi valide per i cristiani (At 15:19, 20, 28, 29). I cristiani avevano anche bisogno di una guida per capire se una certa lettera (o un certo scritto) dovesse essere fatta circolare fra le congregazioni e se dovesse essere inclusa nel canone biblico. Per esempio in un’occasione, parlando di alcune lettere di Paolo, l’apostolo Pietro scrisse: “Gli ignoranti e gli instabili [le] distorcono, come fanno anche con il resto delle Scritture” (2Pt 3:16). In questo modo indicò che quelle lettere facevano parte delle Scritture ispirate. Di sicuro la scelta dei libri da includere nel canone biblico fu guidata dallo spirito di Dio, e senza dubbio furono utilizzati fratelli che avevano questo dono (2Tm 3:16; vedi Glossario, “canone biblico”; “spirito”).

Difatti le Scritture dicono Paolo supporta quello che ha detto nel versetto precedente con due citazioni. (Confronta Ro 9:17 e approfondimento; 10:11.) La prima è tratta da De 25:4. (Vedi anche approfondimento a 1Co 9:9.) La seconda può essere un richiamo a Le 19:13, ma è anche possibile che Paolo si rifaccia a uno dei Vangeli. Le parole che usa qui, infatti, sono quasi identiche a quelle di Gesù riportate in Lu 10:7. Luca scrisse il suo Vangelo verso il 56-58, e Paolo a quanto pare scrisse questa lettera a Timoteo all’incirca tra il 61 e il 64. (La citazione di Paolo è simile anche al passo di Mt 10:10, libro scritto intorno al 41.) Questo, quindi, può essere uno dei primi casi in cui uno scrittore biblico cita un Vangelo, il che conferma che si tratta di un testo ispirato. (Confronta 1Co 9:14, dove Paolo richiama una disposizione data dal Signore Gesù; vedi anche approfondimento a 1Co 12:10.)

Riprendi Nell’uso biblico il verbo greco qui reso “riprendi” trasmette spesso l’idea di convincere qualcuno che ha sbagliato. Una riprensione viene data con il buon intento di spingere la persona a riconoscere il proprio errore e a correggerlo. Un dizionario dice che questo verbo può significare anche “correggere” nel senso di “allontanare dal peccato e indurre al pentimento”. Si tratta di una disciplina che ha valore educativo. In Gv 16:8 lo stesso verbo greco è reso “dare prove convincenti”.

Tutta la Scrittura Questa espressione, che ha un significato ampio, di sicuro include tutte le Scritture Ebraiche (Lu 24:44 e approfondimento). Timoteo conosceva bene quegli “scritti sacri” (2Tm 3:15 e approfondimento). Inoltre sembra che i cristiani del I secolo considerassero la porzione delle Scritture Greche Cristiane redatta fino ad allora come parte integrante delle Scritture ispirate. Pietro per esempio, quando scrisse la sua seconda lettera intorno al 64 (probabilmente non molto prima che Paolo scrivesse questa lettera a Timoteo), menzionò alcuni scritti di Paolo includendoli nelle Scritture (2Pt 3:16; vedi anche approfondimenti a 1Co 12:10; 1Tm 5:18.) Dicendo che “tutta la Scrittura è ispirata da Dio”, Paolo ricorda a Timoteo e a tutti i cristiani di fidarsi della sapienza dell’ispirata Parola di Dio e di affidarvisi in tutto quello che fanno.

ispirata da Dio Questa espressione traduce il termine greco theòpneustos, composto dal sostantivo theòs (“dio”) e dal verbo pnèo (“soffiare”, “respirare”, “alitare”). Alla lettera si potrebbe tradurre “alitata da Dio”. Il verbo pnèo è affine al sostantivo pnèuma, spesso reso “spirito”. (Vedi Glossario, “spirito”.) Dio fece in modo che il suo spirito, o potenza in azione, operasse su uomini fedeli che impiegò per mettere per iscritto la sua Parola. Come si legge in Mt 22:43, 44, Gesù confermò questo ruolo dello spirito santo quando, citando i Salmi, disse che Davide li aveva composti “per ispirazione [lett. “in spirito”]” (Sl 110:1); il passo parallelo di Mr 12:36 dice “mediante lo spirito santo”. Anche Pietro menziona uomini che “parlarono da parte di Dio mentre erano spinti dallo spirito santo” (2Pt 1:21). Nelle Scritture Ebraiche il re Davide espresse lo stesso concetto quando disse: “Lo spirito di Geova parlò mediante me” (2Sa 23:2). È interessante notare che una traduzione in ebraico del XIX secolo (definita J17 nell’App. C4) rende la prima parte di 2Tm 3:16 così: “Tutta la Scrittura è scritta mediante lo spirito di Dio”. (Vedi Glossario, “canone biblico”.)

utile Paolo spiega che l’ispirata Parola di Dio è utile (o “benefica”, “vantaggiosa”) in diversi ambiti. Essendo un anziano, Timoteo aveva la responsabilità di far abile uso della Parola di Dio a beneficio di altri, sia all’interno che all’esterno della congregazione (2Tm 2:15). Inoltre tutti i cristiani dovevano usare la Parola di Dio per correggere il proprio modo di pensare e di agire, così che fosse in armonia con la volontà di Dio.

per insegnare Ovvero per dare istruzioni in merito alle vere dottrine e alla giusta condotta da tenere (Tit 1:9).

per riprendere I sorveglianti cristiani hanno la responsabilità di riprendere “quelli che praticano il peccato” (1Tm 5:20 e approfondimento; Tit 1:13). Usano con pazienza le Scritture per aiutarli a rendersi conto che si sono allontanati dai princìpi divini e per correggerli di conseguenza (Gal 6:1; 2Tm 4:2). I cristiani possono usare le Scritture anche “per riprendere” sé stessi.

per correggere O “per raddrizzare”. Il verbo greco implica ripristinare una procedura corretta, ristabilire ciò che è corretto o migliorare ciò che è difettoso.

per disciplinare nella giustizia La Parola di Dio provvede disciplina, o addestramento, che è in armonia con le norme divine riguardo a ciò che è giusto e sbagliato (Eb 12:11; vedi Glossario, “giustizia, giusto”).

l’uomo di Dio Il termine greco qui reso “uomo” (ànthropos) può riferirsi sia a uomini che a donne. Anche se qui si rivolge a Timoteo, che era un sorvegliante, Paolo potrebbe averlo usato pensando a qualunque cristiano, uomo o donna che sia, che è completamente dedicato a Geova Dio. Per questo motivo alcune traduzioni presentano la resa “la persona che appartiene a Dio” oppure “la persona dedicata a Dio”. Come indica il versetto precedente, “l’uomo di Dio” deve studiare regolarmente le Scritture ispirate e vivere in armonia con esse. (Vedi approfondimento a 1Tm 6:11.)

ben preparato Il termine greco qui presente potrebbe essere reso più alla lettera “pienamente equipaggiato”. Nell’antichità, per esempio, veniva usato per riferirsi a un’imbarcazione ben fornita, equipaggiata con tutto il necessario per un viaggio. In modo analogo, attraverso la sua Parola, Geova provvede ai cristiani la conoscenza e la sapienza che permette loro di fare tutto ciò che è buono. Loro così sono ben preparati, o equipaggiati, per compiere la sua opera.

uomo di Dio Nel definire Timoteo “uomo di Dio”, Paolo usa un’espressione che compare solo due volte nelle Scritture Greche Cristiane, qui e in 2Tm 3:17. Nelle Scritture Ebraiche, invece, l’espressione “uomo di Dio” (o “uomo del vero Dio”) compare circa 70 volte. Ricorre in riferimento a profeti di Dio e altri suoi speciali rappresentanti, come Mosè (De 33:1), Samuele (1Sa 9:6, 10), Davide (Ne 12:24), Elia (1Re 17:18, 24) ed Eliseo (2Re 4:7, 9). Paolo potrebbe aver utilizzato questa espressione per ricordare a Timoteo che l’incarico di contrastare i falsi maestri presenti nella congregazione di Efeso gli era stato affidato da Dio (1Tm 1:3, 4; 6:2b-10). Oppure potrebbe averla usata nel suo senso più generico di persona, uomo o donna che sia, che è completamente dedicata a Geova e che si lascia guidare dalla Sua Parola ispirata nella vita e nelle azioni. (Vedi approfondimento a 2Tm 3:17.)

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